Gli effetti benefici della corsa sul nostro corpo sono davvero infiniti: correre fa bene alla mente, ci libera dallo stress, accentua il nostro buonumore e ci aiuta anche a mantenere una buona forma fisica. Correre fa bene al cuore, a tutto l’apparato cardiocircolatorio, ha effetti positivi sulla pressione arteriosa e permette anche di prevenire alcune patologie. Ma correre è sempre uguale? Che differenze ci sono tra un velocista ed un podista? E quale modello di allenamento fisico supporta con maggiore successo la nostra salute?

Resistenza VS Velocità

I corridori di resistenza, quelli noti come sportivi di endurance, si allenano per la distanza. O meglio, per percorrere lunghe distanze con determinate tempistiche. Sono in genere più lenti dei colleghi velocisti e il loro obiettivo non è sicuramente solo quello di ridurre di qualche millesimo di secondo la performance sui 5km. Questi atleti si allenano per mantenere un ritmo lento e costante, per percorrere distanze sempre più lunghe senza alcun cedimento. I velocisti, invece, detti sprinters, pianificano i loro allenamenti in modo intenso ed impegnativo, per sperare di battere il loro ultimo miglior tempo anche solo di qualche millesimo di secondo. Abbiamo detto che correre fa bene: ma ci sono effettive differenze in termini di benefici pratici per l’atleta di uno o dell’altro sport? La scienza dice di sì.

L’endurance allena il cuore, lo sprint i muscoli

Per spiegare come si traducano nella pratica i benefici di corsa su lunga o breve distanza, bisogna prima fare una precisazione: parleremo di massimo consumo di ossigeno, ovvero VO2Max (per definizione “il massimo volume di ossigeno consumato per minuto per chilogrammo di peso”), la capacità del cuore di pompare sangue ai muscoli. Questa è infatti una misura che viene riconosciuta universalmente per valutare il livello di forma cardiorespiratoria e aerobica. La VO2Max non misura però la quantità di ossigeno che il corpo è davvero in grado di utilizzare durante uno sforzo fisico. Una parte dell’ossigeno trasportato dal sangue torna infatti poi al cuore inutilizzato, perché i tessuti muscolari periferici non sono in grado di assorbirlo nel momento del bisogno. Gli studiosi hanno quindi deciso di confrontare gli effetti delle due diverse tipologie di allenamento nella corsa per capire gli adattamenti fisiologici del corpo in risposta a stimoli differenti. È stato valutato quindi l’HIIT (High Intensity Interval Training) in relazione al SIT (Sprint Interval Training): dai risultati emersi sembra che l’HIIT possa migliorare la capacità del cuore di pompare sangue, mentre il SIT la capacità dei tessuti di assorbire e usare l’ossigeno, aumentando in relazione anche la densità dei capillari della rete vascolare.

In uno studio differente il SIT è stato confrontato con il jogging: nuovamente il risultato ha confermato il miglioramento della gittata cardiaca del gruppo di atleti allenati per la resistenza.

Possiamo quindi dire che l’endurance allena il cuore, lo sprint i muscoli: gli allenamenti “lunghi” hanno dimostrato di poter migliorare la forma fisica a livello centrale, il “pompaggio” del sangue da parte del cuore, mentre gli allenamenti brevi ed intensi hanno evidenziato miglioramenti per la forma fisica a livello periferico, quindi sulla capillarizzazione dei tessuti. Non sono ovviamente adattamenti esclusivi di uno o dell’altro modo di allenarsi, ma sono considerati quelli prevalenti per uno o per l’altro tipo di corsa.

Quale corsa scegliere? Durata o velocità?

Abbiamo detto che correre fa bene, e in base al tipo di corsa, possiamo ottenere benefici differenti. La corsa in velocità, quindi orientata verso lo sprint, oltre a migliorare la capacità dei tessuti di utilizzare l’ossigeno sembra promuovere efficacemente la densità muscolare ossea, la massa muscolare e la funzione neuro-muscolare; la corsa di resistenza, invece, è efficace nel mantenere un’elevata capacità aerobica, una ottimale funzione cardiovascolare, ed è in grado di influire positivamente sul metabolismo glucidico (dei carboidrati) e sul nostro profilo lipidico.

Entrambe le tipologie di corsa sembrano facilitare il mantenimento di una buona composizione corporea, con una massa grassa ridotta nel tempo in modo efficace.

Se valutiamo invece i rischi, sembra che lo sviluppo di problematiche tendinee sia più elevato per i corridori rispetto a quello della popolazione generale, anche se sono nello specifico i velocisti che rischiano maggiormente e con più frequenza infortuni. Bisogna precisare però che, poiché la corsa di resistenza sottopone il corpo ad uno stress prolungato, questo può nel tempo aumentare la predisposizione ad infortuni, anche se più lievi di quelli traumatici che colpiscono lo sprinter.

Il vantaggio di correre

È comune credere che correre su lunghe distanze sia “meglio” rispetto a correre scattando per brevi periodi, ma la scienza ci dice che anche la velocità è in grado di dare vantaggi per il mantenimento di importanti parametri di salute. Correre, sia in resistenza che in velocità, è vantaggioso non solo per le prestazioni sportive, ma anche per la vita quotidiana. La corsa ci permette infatti di svolgere con molta meno fatica tantissime attività, e ci garantisce un invecchiamento salutare.

Dovremmo quindi considerare di praticare la corsa sia di resistenza che di velocità: entrambi i tipi di allenamento presentano numerosi vantaggi, e in generale lo sport contribuisce a preservare il sistema muscolo-scheletrico e a ridurre il rischio di sviluppare diverse patologie. Non c’è una corsa nettamente migliore dell’altra. Se non ti piace la corsa su lunga distanza, non devi preoccuparti: non serve per forza impegnarsi in sessioni infinite di running, bastano meno di 30 minuti al giorno.

 

Bibliografia

Sprinters versus long-distance runners: how to grow old healthy. Review article Kusy K, et al. Exerc Sport Sci Rev. 2015.

Bassett DR, Howley ET. Limiting factors for maximum oxygen uptake and determinants of endurance performance. Med Sci Sports Exerc. 2000;32(1):70–84.

Billat LV. Interval training for performance: a scientific and empirical practice. Special recommendations for middle- and long-distance running. Part I: aerobic interval training. Sports Med. 2001;31(1):13–31.

Buchheit M, Laursen PB. High-intensity interval training, solutions to the programming puzzle. Part II: anaerobic energy, neuromuscular load and practical applications. Sports Med. 2013;43(10):927–54.

Macpherson RE, Hazell TJ, Olver TD, Paterson DH, Lemon PW. Run sprint interval training improves aerobic performance but not maximal cardiac output. Med Sci Sports Exerc. 2011 Jan;43(1):115-22. doi: 10.1249/MSS.0b013e3181e5eacd. PMID: 20473222.