Glicemia, indice glicemico, carico glicemico: facciamo chiarezza

Si sente spesso parlare di glicemia, di indice glicemico degli alimenti e di carico glicemico del pasto. Ma cosa significano questi termini? E perché spaventano così tanto? Come spesso accade, tutto quello che riguarda il mondo degli zuccheri viene demonizzato. In questo articolo cercheremo insieme di capire cosa significano questi concetti, se e quando devono preoccuparci e come imparare a gestire i carboidrati in modo funzionale ed intelligente.

Cosa sono questi parametri

La glicemia (dal greco γλυκύς, glukýs, «dolce» e αἷμα, haîma, «sangue») è il valore della concentrazione di glucosio nel sangue. La presenza di glucosio nel sangue è fondamentale, perché è la nostra primaria fonte di energia, utilizzato da tutte le nostre cellule.

Quando però i livelli di quest’ultimo risultano troppo elevati, si corre il rischio di sviluppare patologie come il diabete, mentre normalmente il nostro corpo possiede un sistema di regolazione in grado di mantenere relativamente costante la glicemia durante la giornata.

L’indice glicemico (IG) di un alimento è un parametro che indica il variare della nostra glicemia dopo l’assunzione di 50g di zuccheri. Attenzione: si parla di 50g DI ZUCCHERI, e non DI ALIMENTO. È un parametro quindi molto fuorviante, perché prende in considerazione solo la qualità degli zuccheri contenuti e non la quantità. Ad esempio, la carota risulta avere un alto IG ma ha pochi carboidrati. Per raggiungere quindi 50g degli zuccheri necessari ad alzare la glicemia, bisognerebbe consumare circa 500g di carote.

Per migliorare questo concetto, nasce quindi quello del carico glicemico (CG), che tiene conto sia del tipo di zucchero ma anche del quantitativo. Si calcola così: IG x g carboidrati / 100. Da questo si ottiene che, ad esempio, un piatto di pasta sia in grado di alzare la glicemia più di una banana, che al contrario ha un IG più alto della pasta.

Indice e carico glicemico degli alimenti – utilità pratica

L’IG è quindi un parametro artificiale, utile soprattutto in test di laboratorio. Il CG invece sembra essere comodo per valutare in modo più completo un pasto, ma è comunque limitato: quasi tutti gli alimenti infatti sono composti da più macronutrienti e non solo da carboidrati. Anche il pane ha una porzione proteica (eh sì, i cereali contengono qualche amminoacido). Tantissimi studi hanno comunque confermato che la glicemia è influenzata dalla composizione di tutto il pasto e non solo da un alimento preso singolarmente. Per questo motivo alcuni alimenti, seppur composti da pochissimi carboidrati (come, ad esempio, alcuni latticini) sono in grado di innalzare i livelli glicemici.

Gestire la glicemia

In generale, persone con diabete o ridotta tolleranza al glucosio, dovrebbero far attenzione alla composizione della loro alimentazione: sicuramente è più importante valutare il carico rispetto all’indice glicemico, e bisognerebbe scegliere di non esagerare sia con le kcal che con i carboidrati introdotti.

La società Italiana di Diabetologia nelle sue linee guida ci spiega che la dieta è essenziale per:

1) controllare i carboidrati ingeriti;

2) ridurre l’introito di grassi, per correggere eventuali dislipidemie;

3) correggere un eventuale eccesso di peso, fattore predisponente allo sviluppo del diabete di tipo 2 (anche chiamato “diabete dell’adulto” o diabete NON insulino-dipendente, per via delle caratteristiche legate alla sua insorgenza tardiva e non legata alla mancanza totale di insulina).

Ma come possiamo agire per gestire al meglio innalzamenti repentini della glicemia?

Cosa mangiare e come integrare quando si ha la glicemia alta

Abbiamo visto come sia l’IG che il CG abbiano effettivamente diversi limiti. Ridurre il carico glicemico del pasto può quindi essere sicuramente utile, ma bisogna imparare a farlo nel modo giusto.

Non è infatti necessario eliminare gli alimenti ad alto indice glicemico, basta solo comporre il nostro piatto in modo tale da renderlo bilanciato e non troppo “carico di zuccheri facilmente utilizzabili”.

Sembra un concetto difficile, ma non è affatto così: combinando sempre tra loro i diversi macronutrienti e garantendo una buona porzione di fibre (accompagnando quindi sempre i nostri pasti con della verdura) il carico glicemico complessivo del pasto sarà già ridotto di gran lunga, evitando inutili picchi glicemici e garantendoci energia per un periodo più lungo di tempo.

Qualche esempio? Un piatto di pasta integrale con tonno e pomodorini; del riso integrale con ceci e zucchine; un cous cous di pesce con peperoni e melanzane… e se ne potrebbero elencare moltissimi altri. Importantissimo sempre anche condire le nostre preparazioni con un filo di olio EVO a crudo, per apportare grassi buoni al piatto (che oltre a ridurre il carico glicemico complessivo del pasto hanno moltissimi aspetti benefici sulla salute dell’individuo). Va considerato infatti che la presenza di grassi (meglio scegliere sempre quelli vegetali) e di proteine (legumi, carni magre, pesce bianco, uova e latticini magri) contribuisce notevolmente alla riduzione dell’indice glicemico.

Meglio, quindi, non basare troppo l’organizzazione dei propri pasti sul calcolo di IG e CG, perché gli aspetti da considerare sono tanti e variegati, e scegliere cosa mangiare solo sulla base di questi parametri potrebbe risultare limitante e portare fuori strada. La cosa migliore risulta sempre formarsi, con una valida e solida base di educazione alimentare.

E come possiamo invece sfruttare i fitoestratti vegetali per aiutarci nel controllo del metabolismo dei carboidrati? Diversi sono i composti con evidenze a sostegno dell’attività di gestione della glicemia, e vengono normalmente chiamati “GDA” (Glucose Disposal Agents). I GDA sono integratori in grado di aiutare il corpo nell’assorbimento dei carboidrati, anche indirizzandoli verso la formazione di glicogeno epatico e muscolare. Di seguito elenchiamo alcuni dei principi attivi o fitoestratti che trovano applicazione nel miglioramento della sensibilità insulinica.

  • Acido alfa lipoico (ALA) – molecola liposolubile abbondantemente presente nei mitocondri, è consigliato il suo utilizzo per il trattamento dell’iperglicemia e anche per la popolazione femminile che soffre della sindrome dell’ovaio policistico (PCOS). È proposto come soluzione NON farmacologica in caso di pre-diabete per normalizzare i livelli di glicemia, e presenta tantissimi lavori a sostegno della sua funzionalità, rendendo evidente il beneficio derivato dalla sua assunzione.
  • Berberina – molto utilizzata nella medicina tradizionale cinese, questa molecola alcaloide è consigliata per chi soffre di resistenza insulinica, per migliorare la sensibilità all’insulina e di conseguenza la gestione della glicemia. Sembra avere effetti maggiori quando viene somministrata in sinergia ad altri composti (come magnesio o cannella).
  • Cromo picolinato – microelemento appartenente al gruppo dei minerali, è utilizzato per la sua azione sull’insulina. La forma picolinata è quella maggiormente biodisponibile.
  • Estratto di arancio amaro – grazie al suo contenuto in Sinefrina, contribuisce all'equilibrio del peso corporeo, allo stimolo metabolico e al metabolismo lipidico.
  • Melone amaro – da questo frutto, che si ritiene essere uno tra i frutti più efficaci nel supporto al metabolismo dei carboidrati grazie alla miscela di saponine che contiene, si ricava un estratto concentrato in carantina da utilizzare in combinazione ad alcuni tra i composti citati.
  • Banaba –la Banaba è una pianta originaria del sud-est asiatico e l'acido corosolico estratto dalle foglie permette di inibire l'azione di due enzimi responsabili della scissione di carboidrati più complessi in glucosio, permettendo così il mantenimento di livelli più bassi di glicemia.
  • Cannella – l’estratto di cannella, molto più concentrato della normale cannella utilizzata per aromatizzare in ambito alimentare, risulta utile per controllare i livelli di glicemia
  • Gymnema estratto – questa pianta, le cui foglie sono ricche di gurmarina, agisce legandosi ai recettori del gusto presenti sulla lingua, mitigando la percezione del sapore dolce ed abbassando di conseguenza la voglia di alimenti a base di zuccheri.

 

Conclusioni

Pur essendo importanti, indice glicemico e carico glicemico risultano essere parametri limitanti e facilmente “aggirabili”: imparare a nutrirsi nel modo corretto, fare attività fisica e sfruttare gli estratti che la natura ci offre sono criteri che possono sicuramente influire maggiormente sulla gestione del metabolismo dei carboidrati rispetto a calcoli complicati, senza dover per forza rinunciare al consumo di frutta, pane, pasta o patate. Abbiamo quindi imparato che, pur essendo le carote un alimento ad alto indice glicemico, non vanno eliminate dalla dieta: basta non consumarne mezzo chilo a stomaco vuoto e senza condimento. Facile no?

 

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