La valutazione della composizione corporea è ormai una pratica di routine nell’anamnesi dello sportivo, in quanto, le valutazioni della massa corporea totale (BM) sono parametri fondamentali in alcune discipline, ad esempio laddove esista una specifica classificazione degli atleti per categorie di peso - vedi sport di combattimento - ma, soprattutto, perché un esame più ampio della composizione corporea, in particolare della massa magra (LM) e della massa grassa (FM), fornisce maggiori informazioni sia agli atleti, sia ai loro allenatori. Questa valutazione della FM, riportata come percentuale di grasso rispetto al peso corporeo totale (BF%), è particolarmente rilevante anche in sport in cui la massa grassa in eccesso può essere percepita come "zavorra" e cioè nelle attività antigravitazionali (salti, corse, ecc.).

Si capisce quindi quanto sia importante valutare nell’atleta la composizione corporea (Body Composition, BC) per monitorare la crescita, i risultati degli allenamenti, lo stato di alimentazione, investigare le modificazioni che si producono sullo sviluppo fisico allo scopo di programmare degli allenamenti atletici appropriati; avere il valore predittivo per la selezione attitudinale in molte attività sportive e conseguire un’ottimizzazione della performance,  raggiungibile attraverso l’omeostasi nutrizionale che  si ottiene quando il peso corporeo è in un rapporto perfetto tra massa grassa (FM) e massa magra (FFM). Questo rapporto dipende dall’età, dal sesso, dalla genetica e dalle caratteristiche dello sport praticato.

Dalla fine del 1800 si susseguono studi (i primi studi compiuti sull’analisi dei cadaveri hanno fatto storia) dai quali i ricercatori dell’epoca si prefiggevano di ottenere schemi di studio della composizione corporea riuscendo ad avere i primi modelli di suddivisione in compartimenti

Innumerevoli studi hanno proposto una nutrita serie di tecniche, nonché relativi dispositivi, utili alla definizione precisa ed attendibile della BC, dai più fantasiosi ai più complicati, ma purtroppo, nonostante gli sforzi compiuti per ottimizzare e standardizzare metodi di valutazione della composizione corporea, anche nello sport d'élite, si deve riconoscere che non esiste attualmente un metodo di misurazione universalmente accettato e/o condiviso, per cui spesso si ricorre a metodi semplicemente disponibili o facilmente accessibili, anche per i costi - in ogni caso da considerare come metodi di stima e non di misurazione -, fenomeno questo che tutt’ora non sempre rende molti operatori coscienti dei limiti delle suddette metodiche.

Tra le molte metodiche proposte vale la pena sicuramente, non fosse altro che per importanza storica, rivalutare la TECNICA PLICOMETRICA. Questa metodologia può essere considerata come una metodica densitometrica in quanto conduce alla determinazione della densità corporea partendo dalla misurazione dello spessore del tessuto adiposo sottocutaneo.

La misurazione di questi spessori (pliche) consente di risalire alla densità corporea e da questa al compartimento massa grassa (FM) costituita da tutti i lipidi corporei distribuiti nel tessuto sottocutaneo e viscerale; per differenza dal peso si otterrà poi la massa magra (FFM) a sua volta costituita dalle masse muscolari, dall'osso e dai tessuti inter ed intra -parenchimali non adiposi.

La misurazione dello spessore del tessuto adiposo sottocutaneo deve essere determinata in specifici “punti di repere” nei vari segmenti corporei per mezzo del plicometro. I plicometri più noti ed usati sono quelli di Holtain, di Tanner-Whitehouse, di Harpender e Lange. 

Numerosi studi hanno dimostrato che esiste un grado di correlazione tra il grasso sottocutaneo e quello totale, questo è in funzione dell'età e varia a seconda della popolazione considerata, inoltre la plicometria consente di definire la topografia del grasso sottocutaneo.

Nonostante la relativa semplicità di misurazione della plica cutanea, il che rende questo metodo molto popolare, ci sono tuttavia una serie di limitazioni tecniche che devono essere considerate quando si utilizza questa tecnica:

  • innanzitutto si presenta un presupposto di spessore cutaneo e di compressibilità costante nella doppia piega tra differenti siti di misurazione.
  • fortissima influenza data dalla capacità del praticante di reperire i giusti siti e la giusta pressione della pinza,
  • età, sesso e temperatura cutanea di un atleta.

Da riconoscere anche che la valutazione delle pliche cutanee è il metodo meno influenzato da attività quotidiane, di recente svolte, quali ingestione di un pasto e cambiamenti nello stato di idratazione. In ogni caso è di fondamentale importanza l'esperienza dell'antropometrista per ottenere dati precisi sulle pliche cutanee.

Altro aspetto cruciale è relativo alla necessità di convertire le misure delle pliche in % BF, la fondamentale complessità deriva dalla trasformazione di un metodo indiretto in uno doppiamente indiretto. I metodi doppiamente indiretti incorporano la regressione delle equazioni tracciando i risultati rispetto a un criterio standard per creare una stima di composizione. Per capire meglio la complessità relativa all’uso di queste equazioni di regressione basti pensare che ci sono attualmente oltre un centinaio di tali formule per la stima del BF% ottenibile dalle misurazioni dello spessore della plica cutanea.

Queste formule sono stabilite anche valutando etnie estremamente variabili, utilizzando numerosi protocolli, con notevoli differenze dei siti misurati e quindi con problemi di affidabilità, riproducibilità e variabilità intra-operatore.

Infatti esistono diversi esempi di diverse equazioni che producono clamorose differenze sullo stesso individuo misurato a seconda dell'equazione utilizzata.

Pertanto la conversione dello spessore delle pliche cutanee in % BF dovrebbe essere scoraggiata utilizzando piuttosto la somma degli 8 siti di pliche cutanee che forniscono un risultato più accurato e affidabile della valutazione della composizione corporea espressa in %BF, come risulta ampiamente in un recente studio in cui si evidenzia che la somma degli spessori delle pliche cutanee ha un alto grado di accordo con i risultati della scansione da DXA.

Tuttavia, ci sono alcune considerazioni da fare con questo approccio:

  • non è possibile stimare la FFM, spesso un'informazione utile per chi lavora sul campo
  • molti allenatori non hanno familiarità con i dati forniti come "somma di pliche in mm" e spesso continuano a richiedere dati relativizzati (%BF).

Di seguito una tabella esemplificativa:

Un altro interessante modello di valutazione della BC mediante misurazione delle pliche cutanee è stato proposto introducendo un termine di confronto della variazione del grasso sottocutaneo nel corso di un programma di allenamento con una immagine che si ottiene inserendo i dati delle varie misurazioni in un plot radiale conosciuto come “mappatura plicometrica”. Questa tecnica è facilmente ottenibile inserendo semplicemente i dati delle varie misurazioni in un foglio “Excell” da cui poi ottenere il grafico della figura.

In conclusione si può affermare che la plicometria, così come diverse altre tecniche di valutazione della BC è in grado di offrire solo una scarsamente attendibile stima della %BF, così come evidentemente dimostrato in uno studio non pubblicato condotto dal Prof. Massimiliano Febbi, cui ho collaborato, nel quale, oltre ai risultati notevolmente differenti ottenuti misurando gli stessi atleti confrontati con le diverse tecniche, la stessa plicometria ha dato diversi risultati quando sono state utilizzate diverse equazioni.

Nel momento in cui la plicometria viene utilizzata valutando semplicemente la somma delle pliche all’interno di range di riferimento che si stanno via via sviluppando, questa diviene un eccellente modello in grado di valutare gli sviluppi della strategia integrata “allenamento-alimentazione”. Da rimarcare sempre che l’operatore incaricato di “prendere” le pliche dovrà sempre essere attentamente formato secondo i canoni ISAK.    

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