OMEGA 3: cosa sono

Gli acidi grassi omega 3 devono il nome alla struttura chimica che li caratterizza: lungo lo scheletro carbonioso sono infatti presenti dei doppi legami, il primo dei quali posto tra il terzo e quarto carbonio a partire dall’estremità terminale (carbonio omega). Questi doppi legami determinano il grado di insaturazione, e quindi la distinzione in mono o poli insaturi.

Dal punto di vista biochimico rientrano tra gli elementi considerati “essenziali”, per i quali l’organismo necessita di un’introduzione esterna a fronte dell’incapacità di produrre e/o soddisfare le quantità idealmente adeguate di tali sostanze per il mantenimento dello stato di salute.

Di acidi grassi appartenenti a questa famiglia ne esistono molti, tuttavia, quelli di interesse maggiore per l’impatto fisiologico sono tre:

  • ALA (acido alfa-linolenico): costituito da una catena di 18 atomi di carbonio e 3 doppi legami, è considerato il vero e proprio acido grasso essenziale in senso stretto e rappresenta il capostipite di tutta la serie ω3, sul quale l’azione di specifici enzimi (desaturasi ed elongasi) porta alla produzione degli altri elementi appartenenti alla stessa famiglia.
  • EPA (acido eicosapentaenoico): costituito da 20 atomi di carbonio e 5 doppi legami
  • DHA (acido docosaesaenoico): costituito da 22 atomi di carbonio e 6 doppi legami

 

Funzioni

EPA e DHA esercitano le vere e proprie funzioni fisiologiche una volta ottenuti dal pathway biosintetico:

  • Costituiscono la membrana cellulare, garantendone la corretta flessibilità e fluidità, aspetto che si traduce in un miglior svolgimento delle reazioni di scambio e traduzione di segnali biochimici intra ed extra cellulari.
  • Rivestono una spiccata azione a livello cardiovascolare, modulando positivamente lo stato infiammatorio tipico del microambiente delle placche ateromatose, riducono l’aggregazione piastrinica e la produzione di citochine di natura pro-infiammatoria.
  • Agiscono a livello centrale, partecipando alla neurogenesi e lo sviluppo dell’apparato neurocognitivo.
  • Riequilibrano parametri come il rapporto LDL/HDL oppure modulano positivamente la sensibilità insulinica, agendo significativamente su più aspetti del metabolismo. Partecipano inoltre al processo di fototrasduzione, essendo componenti strutturali della retina.

Insomma, dei veri e propri elementi tuttofare!

Dove si trovano?

Essi non condividono le stesse fonti alimentari o per meglio dire, si trovano in proporzioni differenti all’interno delle stesse.

L’acido alfa linolenico lo ritroviamo principalmente nei semi oleosi (chia, lino, girasole, zucca, canola), nel germe o negli oli derivanti dagli stessi oppure nella frutta a guscio. Tali alimenti contengono in associazione anche altre tipologie di acidi grassi, quali omega 6 e 9, rendendoli fonti “ibride”, ma non per questo di minore importanza.

Per quanto riguarda l’Acido Eicosapentaenoico e Docosaesaenoico,essi sono presenti principalmente nei cibi di origine animale, nelle carni dei pesci dei mari freddi (salmone, merluzzo), nelle varie tipologie di pesce azzurro, nel krill ed alcune tipologie di alghe. Anche in questo caso, alcuni prodotti derivati, rappresentano le fonti più concentrate.

Integrazione di omega 3: perché

La natura sembra quindi provvedere a tutto e fornisce una vasta scelta di alimenti da cui attingere per assicurarsi una corretta introduzione di questi elementi così preziosi per la salute. Adottare un regime alimentare vario e comprendente tali fonti è sufficiente per soddisfare il fabbisogno? Sebbene la risposta possa sembrare intuitiva e scontata, in realtà subentrano una serie di fattori di varia natura che nell’insieme giustificano l’utilizzo di integratori specifici.

  • Calorie: indipendentemente dalla fonte di cibo, il consumo apporta un quantitativo energetico non indifferente. A meno di estratti puri, si ha un’introduzione di altre componenti alimentari per le quali non sempre vi è necessità (parliamo di matrici alimentari prevalentemente di natura proteo-lipidica) che contribuiscono al potere calorico dell’alimento. Questo aspetto viene evitato attraverso l’integrazione mirata delle molecole in esame.
  • Costi: spesso trascurato, questo aspetto risulta a parer mio principale. Non tutti hanno la possibilità di consumare con regolarità alimenti di prima scelta, soprattutto se parliamo di fonti ittiche. Pensate al costo del salmone selvaggio, proibitivo per alcune persone, se inserito in un contesto di quotidianità. L’acquisto di un integratore alimentare sopperisce all’impossibilità di consumo regolare delle fonti primarie, limitando di conseguenza la spesa.
  • Limiti biochimici: tanto importanti, eppure, nel nostro organismo il metabolismo degli omega 3 è fortemente sottoregolato. La prima tappa di conversione dell’ALA è infatti a carico di un enzima (delta 6 desaturasi) comune al metabolismo della serie omega 6. Per questioni di competizione del substrato unitamente alla scarsa attività enzimatica, l’azione sull’ALA alimentare è ridotta; mancando l’innesco, l’intera via biochimica viene compromessa, con tassi di conversione in EPA e DHA piuttosto scarsi. Prodotti ad alta concentrazione di questi due acidi grassi o fonti alternative che per caratteristiche intrinseche “aggirino” questa limitazione (l’erba perla minore ne rappresenta l’esempio principale) possono tornare molto utili.
  • Purezza: le fonti alimentari possono essere esposte a fattori inquinanti, come pesticidi o metalli pesanti, come avviene tipicamente nei pesci di grossa taglia nei quali può accumularsi mercurio, fortemente dannoso per il nostro organismo se assunto in modo eccessivo.

 

Come scegliere un prodotto di qualità

Il mercato degli integratori a base di omega 3 è ampissimo ed indubbiamente ciò può generare confusione nel consumatore al momento della comparazione tra più prodotti. Ecco alcuni consigli a cui prestare attenzione:

  • Reperire informazioni circa la provenienza delle fonti utilizzate, ad esempio pesci selvaggi e non sottoposti ad allevamenti intensivi, che tra le tante cose alterano il contenuto in omega 3 nella carne a favore della controparte infiammatoria omega 6.
  • Prestare attenzione alle metodiche utilizzate per la produzione: gli omega 3 infatti sono molecole altamente instabili, per il quale la lavorazione richiede una precisione assoluta, dall’estrazione a freddo, alla distillazione molecolare fino alle fasi finali. Fasi che tuttavia richiedono procedure costose che non tutte le aziende possono garantire. Da qui le tante differenze di prezzo.
  • Data la facile degradazione, assicurarsi che sia presente una buona concentrazione di antiossidanti (vitamina E, astaxantina ecc).
  • Forma in cui vengono proposti gli omega 3. Perché possano essere assorbiti nel modo migliore essi devono presentarsi come trigliceridi e non in forma etil estere.
  • Quando possibile, acquistare prodotti certificati iFOS ("International Fish Oil Standards"), una dichiarazione di qualità e purezza da contaminanti rilasciata dall’ente Nutrasource Diagnostic inc, ente indipendente considerato la massima garanzia per questa tipologia di prodotti.

BIBLIOGRAFIA

Gammone MA, Riccioni G, Parrinello G, D'Orazio N. Omega-3 Polyunsaturated Fatty Acids: Benefits and Endpoints in Sport. Nutrients. 2018;11(1):46. Published 2018 Dec 27. doi:10.3390/nu11010046

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